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ALMOHADI
Dinastia musulmana berbera che dominò l'intero
Maghreb e la Spagna musulmana nei secoli XII e XIII. La denominazione
trae origine dal termine arabo al-muwahhidun (gli Unitari), che
designava un movimento politico e religioso promosso da Muhammad Ibn Tumart,
fervido predicatore e accanito accusatore delle diverse imperfezioni e
delle superstizioni che a suo giudizio avevano corrotto l'Islam maghrebino.
Il movimento, iniziato presso la tribù berbera dei Masmudah dell'Alto
Atlante, si affermò poi definitivamente grazie alla genialità
politica e alle capacità militari di Abd al-Mumin appartenente
alla tribù berbera dei Kumiyah. Sotto di lui e i suoi due immediati
successori - Abu Yagub Yusuf (1163-1184) e Abu Yusuf
al-Mansur (1184-1199) - la dinastia, che fissò la propria
capitale in Marrakech, toccò il culmine realizzando la sola unificazione
politica dell'intero Maghreb mai concretizzatasi nella storia. Poco dopo
iniziò però la decadenza, in un continuo succedersi di sovrani
inetti e un progressivo sgretolarsi del potere centrale, corroso da un'infinità
di rivalità tribali e di contese dinastico-familiari. In tale contesto
particolarmente grave risultò la sconfitta subita nel 1212 a Las
Navas de Tolosa, a cui seguì la perdita di quasi tutta la Spagna
musulmana. Si ebbe poi il distacco dall'impero dell'Ifriqiyya (corrispondente
all'incirca all'attuale Tunisia), che si rese indipendente con la dinastia
degli Hafsidi, mentre nel Maghreb centrale si formava un altro potentato
autonomo, quello degli Hammadidi, avente il suo principale centro in Tlemcen.
Il colpo finale giunse nella seconda metà del XIII secolo: in Marocco
si impose allora la nuova dinastia dei Marinidi che nel 1269 conquistarono
Marrakech nei cui pressi moriva assassinato l'ultimo sovrano almohade,
Abu Ula al-Wattiq. Sul piano artistico e culturale il periodo almohade
fu assai felice e in particolare fu segnato da una grande libertà
di ricerca testimoniataci tra l'altro dall'opera di Averroè
che per alcuni anni lavorò al servizio della corte almohade.
M. Lenci
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